Risultati rapidissimi? No, grazie.

RIsultati rapidissimi? No, grazie.

Sembra un controsenso, ma quando vi offrono un risultato estetico, fisiologico, riabilitativo, biomeccanico, etc. in tempi così rapidi da risultare incredibili, siate sempre molto diffidenti.

RIsultati senza sforzo? No grazie

RIsultati con 30 minuti a settimana di allenamento? No grazie

Risultati utilizzando pesetti da 2 kg? No grazie

Potrei fare altri mille esempi, ma credo abbiate capito tutti a cosa mi riferisco.

Per modificare i nostri pattern motori, il nostro metabolismo, la nostra biomeccanica e il modo in cui il sistema nervoso gestisce e modula i movimenti, ci vuole tempo.

Pensate solo a questo: ciò che governa il nostro movimento è la fascia (o tessuto connettivo miofasciale) la quale ha un tempo minino di 6 mesi affinchè la sua struttura si modifichi in maniera sostanziale, ed ha bisogno di anni affinchè questi risultati siano fissati in maniera definitiva.

Se comprendete ciò, come potete pensare che poche settimane o allenamenti brevi e superficiali possano darvi qualche vero risultato?

Quando vi rivolgete ad un trainer o coach professionista affinché  si prenda cura della vostra salute, la prima cosa di cui si dovrebbe interessare non è come eseguite un back squat o proporvi 10 tabata di seguito (perchè se sudo, si sto lavorando!) ma piuttosto correggere il modo in cui vi muovete ogni giorno per migliaia di volte al giorno per centinaia di migliaia di volte all’anno.

Ogni movimento errato è un compenso, migliaia di compensi creano una disfunzione, e un mal di schiena cronico vi impedirà di allenarvi, perciò se anche aveste avuto qualche risultato, lo perderete perchè invece di andare in palestra sarete a casa pieni di antidolorifici.

I risultati DURATURI e reali si creano con costanza e dedizione, non con false promesse figlie di un marketing senza scrupoli.

Ciò che invece è possibile, è studiare metodi più rapidi per correggere gli schemi errati di movimento e accelerare l’apprendimento da parte del sistema nervoso dei nuovi pattern motori.

Da anni cerchiamo le strategie migliori per correggere il vostro movimento velocemente ma nel rispetto della vostra soggettività, se siete dei trainer e volete conoscere il nostro metodo oppure volete una valutazione gratuita trovate i nostri contatti su questo sito.

Michele Falanga 

Personal & small group trainer

Responsabile Weckmethod™ Italia

Aminoacidi ramificati. A cosa servono, e quando assumerli.

Gli aminoacidi ramificati (BCAA nell’acronimo inglese), ovvero leucina, valina e isoleucina, sono tra gli integratori più utilizzati nello sport, ormai da decenni.

Il loro uso va dagli sport di endurance, in cui avrebbero una funzione di prevenzione del catabolismo muscolare ed anche una funzione energetica, agli sport di potenza e forza muscolare, per via della loro indubbia funzione di miglioramento del recupero a livello soprattutto muscolare. Nelle attività di ultra endurance, sono utilizzati anche per il loro effetto di riduzione della fatica centrale, ossia del fenomeno a carico del nostro sistema nervoso, responsabile del segnale di stanchezza generale che spesso determina il segnale di stop definitivo alla prestazione atletica.

Ma si sa, non esiste un re che possa regnare a lungo senza che qualcuno provi a detronizzarlo, e ultimamente alcune voci si sono levate per mettere in dubbio l’utilità dei BCAA e forse anche la loro sicurezza.

Gli aminoacidi ramificati sono inutili, dunque ?

Il loro utilizzo è addirittura pericoloso ?

Decenni di ricerca scientifica sono stati davvero mal indirizzati ?

Nella ricerca scientifica il dubbio è il primo motore e noi cercheremo di fare chiarezza.

Gli aminoacidi ramificati fanno parte dei cosiddetti aminoacidi essenziali, chiamati in questo modo perché il corpo non può produrli a partire da altri substrati biochimici, ma deve riceverli attraverso l’alimentazione. Da soli, costituiscono circa un terzo delle proteine muscolari e questo gli conferisce già un primo ruolo importante nei meccanismi di turnover proteico, in quei processi cioè in cui le proteine corporee vengono continuamente disassemblate e ricostruite per rimuovere strutture eventualmente danneggiate. Se l’apporto di aminoacidi essenziali non è costante e quantitativamente soddisfacente, la proteina non può semplicemente essere assemblata e sostituita, o può farlo solo a spese di altre strutture proteiche del corpo. Ma questo fenomeno si chiama catabolismo e spesso non è l’ottimale per lo sportivo che vuole recuperare.

Attività fisica intensa e/o sostenuta o protocolli di digiuno intermittente (sempre più adottati anche da atleti di alto livello) possono esaltare questo fenomeno catabolico, rendendo l’integrazione di BCAA ancora più importante.

Inoltre sappiamo che gli aminoacidi ramificati stimolano l’attività del recettore dell’insulina solo nelle cellule muscolari e non a livello di cellule adipose o epatiche.

Questo determina un traffico deviato di nutrienti verso la cellula muscolare, per attivazione differenziale dell’azione dell’insulina, che veicolerebbe aminoacidi stessi, ma anche zuccheri, nella cellula muscolare, con un aumento del recupero muscolare dovuto contemporaneamente ad un’azione anabolica e di ripristino dei livelli di glicogeno (carburante muscolare). Mettiamo poi che quest’ultimo processo avviene con una velocità e un’efficienza quasi doppia nelle due ore che seguono la fine di una sessione di allenamento, quindi l’integrazione di BCAA in questa finestra temporale potrebbe essere un’opportunità di recupero unica e insostituibile.

È il concetto di TIMING dei nutrienti.

Non conta solo COSA assumiamo con la nostra alimentazione, o QUANTO ne assumiamo, ma anche QUANDO lo assumiamo. Il giusto TIMING rende l’assunzione di nutrienti (dal cibo o dagli integratori) più efficace e anche più sicura.

Ma questo sarà argomento di una prossima discussione.

Dott. Andrea D’Alonzo – Biologo Nutrizionista.

Allenarsi dopo una contrattura

Le contratture, spesso scambiate con strappi e stiramenti (molto più dolorosi e probloematici) sono molto comuni soprattutto negli sportivi “della domenica” ma non solo.
Amatori ma talvolta anche agonisti troppo precipitosi possono incappare in questo problema.

Cos’è una contrattura?
Non è altro che uno spasmo prodotto da muscolo a causa di un attività che lo mette in allarme, ad esempio un allungamento eccessivo o un movimento brusco in accelerazione, e che blocca il muscolo in una posizione accorciata di protezione.
Questo irrigidimento e accorciamento di protezione improvviso rimarrà per diverso tempo bloccando inoltre il circolo del sangue in quel punto e  comporterà quel tipico fastidio che avvertiamo.

Come posso allenarmi in seguito ad una contrattura?
Generalmente il tempo di latenza per risolvere una contrattura varia dai 3 ai 7 giorni, nel frattempo per migliorare la velocità di guarigione, più che allenarci, possiamo utilizzare delle piccole strategie:

-Calore:
Applicare del calore sul muscolo contratto, il calore infatti aiuterà il tessuto a distendersi e a tornare alla sua tensione normale.

-Massaggio:
 il massaggio localizzato favorisce l’afflusso di sangue sulla zona attualmente ischemizzata, ammorbidendo anche il tessuto fasciale che lo circonda, inoltre fornisce uno stimolo di rilascio anche sui recettori del muscolo stesso.

-Allenamento Aerobico:
effettuare una corsetta o un leggero allenamento senza sovraccarico sulla zona contratta può aiutare poiché non solo aumenta la circolazione periferica ossigenando la zona e rimuovendo cataboliti, ma il corpo scaldandosi beneficierà degli effetti descritti in precedenza del calore

-Stretching leggero:
con le dovute accortezze, lavorando sulla zona in maniera progressiva possiamo favorire il ritorno delle fibre muscolari alla lunghezza normale(consigliato come ultimo step!)

E DOPO?
La parola d’ordine è e sarà sempre GRADUALITA’
Dedicate qualche minuto ad inizio allenamento al preparare i tessuti al lavoro.
Massaggiatevi, fate mobilità articolare e stretching dinamico ed arrivate gradualmente alla giusta intensità di allenamento!

 

Dott. Matteo Di Cuffa – Posturologo

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Un attrezzo magico: sotto i tuoi occhi da sempre e non te ne sei accorto.

No, non siamo di quelli che ti tengono ore sulle spine in pieno stile “marketing spicciolo”.

Te lo diciamo subito di cosa stiamo parlando: del BOSU, e il 90% dei trainer italiani non sa di preciso come si usa.

Se credi che il Bosu sia quella mezza sfera blu inventata da David Weck intorno al 2000, hai ragione a metà.

Forse non sai che ce n’è una nuova versione molto più interessante, frutto di più di 10 anni di studi che si chiama Bosu Elite e fa parte insieme ad altre attrezzature del moderno “Weck Method”.

Le sue caratteristiche lo rendono uno strumento indispensabile e rivoluzionario per chi, come noi, lavora nel campo del movimento umano.

Sfruttando il “Limit Force Elastic Training” tramite il concetto di fattore esponenziale di accelerazione (tipico di alcuni materiali elastici) accende il sistema nervoso ed il suo effetto è pressoché istantaneo.

Questo si traduce in un miglioramento del movimento e della biomeccanica che resta impresso nel sistema nervoso in maniera duratura.

Tra i suoi mille esercizi oggi parliamo del “Compression Squat”.

Posizionandoci sul Bosu Elite con i piedi a 45 gradi (formando quindi un angolo di 90 gradi), i talloni che si sfiorano ed effettuando una spinta dell’avampiede nella zona detta dei “Green Dots” si avranno questi benefici:

–         Ripristino dell’appoggio corretto con relativo miglioramento della biomeccanica della locomozione

–         Ripristino del collegamento mio fasciale e relativa trasmissione delle energie dal core agli arti inferiori e viceversa

–         Attivazione profonda istantanea catena posteriore e adduttori

 

Per questi e mille altri motivi questo tipo di esercizi sul Bosu Elite vengono anche chiamati “Primer”, per la loro capacità di attivarci ed ottimizzarci velocemente rendendoci così pronti per affrontare un allenamento intenso tramite una maggiore attivazione profonda muscolare e mio fasciale.

Questo è solo uno dei tanti esercizi che il Bosu Elite ci permette, unico nel suo genere, di effettuare, ed è talmente efficace che sta entrando prepotentemente nei protocolli di riabilitazione di trainer, coach e fisioterapisti.

 

Se hai voglia di saperne di più non esitare a contattarci o passa a trovarci, siamo felici di condividere conoscenze e studi con tutti. sia colleghi personal trainer che amatori.

Michele Falanga 

Personal & small group trainer

Responsabile Weckmethod™ Italia

Non ci sono dubbi a riguardo!

Non ci sono dubbi a riguardo: usate le metodiche e i protocolli dell’allenamento funzionale e avrete successo con i vostri clienti.

Vediamo perché.

 

Partiamo dal fatto che il mondo del bodybuilding e dell’allenamento classico in sala pesi affascina solo una piccola percentuale delle persone che si allenano.
Ciò che accomuna queste persone è “come” vivono il lavoro in sala pesi:

1-  È noioso (sembra banale, invece è determinante. Una persona che si annoia non avrà mai risultati).

2- Sentono di non avere accesso alle piene potenzialità del proprio corpo.

E hanno ragione su questo!
L’allenamento classico in sala pesi ha come obiettivo principale l’isolamento muscolare, e quindi la ricerca estrema dell’esercizio solo per il deltoide, solo per i bicipiti e così via…. Il corpo viene visto come tanti piccoli segmenti che lavorano indipendentemente dagli altri.

L’allenamento funzionale ha come scopo quello di sviluppare capacità sfruttando lunghe catene muscolari. Come si traduce? Guadagno di forza, di mobilità, di equilibrio e coordinazione.
Non lo dico io; lo dice la letteratura scientifica e lo dicono i fatti. Su questo non ci piove.

Chiariamo anche un’altra cosa che molto spesso crea fraintendimenti:
ALLENAMENTO FUNZIONALE non vuol dire kettlebell, non vuol dire corpo libero, non vuol dire trx.
Ovviamente ci sono attrezzi che si prestano più di altri per compiere gli esercizi tipici del funzionale, ma non è l’attrezzo a fare l’allenamento, sono i concetti e le metodiche usate!

Cosa vuol dire allora allenamento funzionale? Semplicemente effettuare esercizi secondo la funzione di queste grandi catene muscolari, le quali collaborano al fine di eseguire gesti complessi, ma che rispettano la natura del nostro sistema corpo.