Come perdere grasso localizzato?

Perdere grasso localizzato è proprio una delle tante richieste che di solito si fanno al proprio dietista.

“Ho il grasso proprio qui sulla pancia che non se ne va, come posso fare per toglierlo?”

Su Internet o sui vari social è sempre più diffuso un mondo di integratori, spacciati come salvavita, che cercano di venderti questo prodotto come la soluzione miracolosa che può andare a snellire quella parte del corpo che detesti.

Gli studi scientifici, però, parlano chiaro! Il dimagrimento localizzato non esiste!! 

Ma niente paura! Abbiamo detto che non esiste, ma non che il grasso localizzato è impossibile da togliere! Però vediamo più nel dettaglio come poter fare per andare a ritoccare quelle parti del corpo che non ci piacciono.

Tendenzialmente i punti critici sono “fissi“ sia per le donne che per gli uomini: le donne lottano perennemente contro i fianchi, mentre i maschi hanno a che fare con la fascia addominale. La scienza ancora non mette a disposizione delle formule e dei piani che stabiliscano come sciogliere solo il grasso in quelle parti del corpo che diventano per noi odiose. Però, allo stesso tempo, abbiamo a disposizione il potentissimo mezzo dell’alimentazione che ci permette di togliere il grasso in eccesso totale e, di conseguenza, andare ad intaccare anche quella parte che vogliamo eliminare! 

Ovviamente l’impostazione del piano deve essere stilata ad hoc e calcolata da persona a persona in modo tale da mantenere intatta la massa muscolare andando a togliere solo ed esclusivamente la massa grassa. In questo modo prenderemo le riserve di grasso come fonte di energia e, quindi, possiamo effettivamente togliere il grasso in eccesso e, di conseguenza, anche quello localizzato nelle varie parti del corpo.

Quindi da un dimagrimento totale arriviamo ad un dimagrimento localizzato che ci permette di ottenere i risultati tanto desiderati.

Anche l’allenamento è fondamentale per rassodare quella parte del corpo che “scopriamo“ per poter vedere un muscolo tonico.

Attenzione! Non stiamo dicendo che per dimagrire nella fascia addominale, dobbiamo fare gli addominali! Ma l’addome, essendo un muscolo, va allenato come tale in modo da renderlo tonico e ipertrofico perché, quando togliamo lo strato di adipe localizzato sopra la pancia, scopriamo la fascia muscolare che, se non ben allenata, risulterebbe poco visibile.

Abbiamo preso come esempio gli addominali, ma lo stesso discorso vale per le altre parti del corpo. Per quanto un’alimentazione ben calibrata possa far mantenere la quantità di muscolo, associare un allenamento personalizzato ha l’effetto di far “uscire“ il muscolo e renderlo più tonico.

Per concludere, quindi, non abbiamo delle diete o dei meccanismi che ci fanno dimagrire solo ed esclusivamente in una parte del corpo, ma impostare un dimagrimento con un’alimentazione e un allenamento mirati possono togliere il grasso in eccesso in tutto l’organismo, soprattutto nella parte più… “abbondante”.

dietista Dott. Daniele Miccinilli

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Aminoacidi ramificati. A cosa servono, e quando assumerli.

Gli aminoacidi ramificati (BCAA nell’acronimo inglese), ovvero leucina, valina e isoleucina, sono tra gli integratori più utilizzati nello sport, ormai da decenni.

Il loro uso va dagli sport di endurance, in cui avrebbero una funzione di prevenzione del catabolismo muscolare ed anche una funzione energetica, agli sport di potenza e forza muscolare, per via della loro indubbia funzione di miglioramento del recupero a livello soprattutto muscolare. Nelle attività di ultra endurance, sono utilizzati anche per il loro effetto di riduzione della fatica centrale, ossia del fenomeno a carico del nostro sistema nervoso, responsabile del segnale di stanchezza generale che spesso determina il segnale di stop definitivo alla prestazione atletica.

Ma si sa, non esiste un re che possa regnare a lungo senza che qualcuno provi a detronizzarlo, e ultimamente alcune voci si sono levate per mettere in dubbio l’utilità dei BCAA e forse anche la loro sicurezza.

Gli aminoacidi ramificati sono inutili, dunque ?

Il loro utilizzo è addirittura pericoloso ?

Decenni di ricerca scientifica sono stati davvero mal indirizzati ?

Nella ricerca scientifica il dubbio è il primo motore e noi cercheremo di fare chiarezza.

Gli aminoacidi ramificati fanno parte dei cosiddetti aminoacidi essenziali, chiamati in questo modo perché il corpo non può produrli a partire da altri substrati biochimici, ma deve riceverli attraverso l’alimentazione. Da soli, costituiscono circa un terzo delle proteine muscolari e questo gli conferisce già un primo ruolo importante nei meccanismi di turnover proteico, in quei processi cioè in cui le proteine corporee vengono continuamente disassemblate e ricostruite per rimuovere strutture eventualmente danneggiate. Se l’apporto di aminoacidi essenziali non è costante e quantitativamente soddisfacente, la proteina non può semplicemente essere assemblata e sostituita, o può farlo solo a spese di altre strutture proteiche del corpo. Ma questo fenomeno si chiama catabolismo e spesso non è l’ottimale per lo sportivo che vuole recuperare.

Attività fisica intensa e/o sostenuta o protocolli di digiuno intermittente (sempre più adottati anche da atleti di alto livello) possono esaltare questo fenomeno catabolico, rendendo l’integrazione di BCAA ancora più importante.

Inoltre sappiamo che gli aminoacidi ramificati stimolano l’attività del recettore dell’insulina solo nelle cellule muscolari e non a livello di cellule adipose o epatiche.

Questo determina un traffico deviato di nutrienti verso la cellula muscolare, per attivazione differenziale dell’azione dell’insulina, che veicolerebbe aminoacidi stessi, ma anche zuccheri, nella cellula muscolare, con un aumento del recupero muscolare dovuto contemporaneamente ad un’azione anabolica e di ripristino dei livelli di glicogeno (carburante muscolare). Mettiamo poi che quest’ultimo processo avviene con una velocità e un’efficienza quasi doppia nelle due ore che seguono la fine di una sessione di allenamento, quindi l’integrazione di BCAA in questa finestra temporale potrebbe essere un’opportunità di recupero unica e insostituibile.

È il concetto di TIMING dei nutrienti.

Non conta solo COSA assumiamo con la nostra alimentazione, o QUANTO ne assumiamo, ma anche QUANDO lo assumiamo. Il giusto TIMING rende l’assunzione di nutrienti (dal cibo o dagli integratori) più efficace e anche più sicura.

Ma questo sarà argomento di una prossima discussione.

Dott. Andrea D’Alonzo – Biologo Nutrizionista.